mercoledì 16 settembre 2015

Il personaggio: l'uomo giusto al momento sbagliato!

                                                                                                      di Daniele Fraioli

"Luis Enrique? Non era uno scemo come lo facevate passare voi...". E' così che ieri Daniele De Rossi, in conferenza stampa, ha difeso dai giornalisti il suo ex allenatore e i successi del triplete dello scorso anno sembrano dar ragione al capitano giallorosso, dato che Totti sembra destinato alla panchina. Luis Enrique ha lasciato in ottimo ricordo nei giocatori nonostante quell'annata fu poco fortunata per i giallorossi visti i risultati (settimo posto in campionato e eliminazione in Coppa Italia dalla Juve con un secco 3-0). Probabilmente era l'uomo sbagliato, nel posto sbagliato, al momento sbagliato: arrivato come allenatore della Roma senza praticamente esperienza, se non che quella con la squadra B del Barcelona, ottenendo comunque ottimi risultati. In una piazza difficile per chiunque come quella romana dove si passa dall'euforia al disastro troppo facilmente e soprattutto con una società nuova. Era l'alba, infatti, dell'era americana. I cambiamenti effettuati dalla nuova proprietà, sia dal punto di vista del marketing che dal punto di vista tecnico, portarono, man mano che i risultati non venivano, allo scetticismo della piazza e dei media e il capro espiatorio venne visto nella figura dell'allenatore, ossia Luis Enrique. Luis Enrique portò quella mentalità del possesso palla tipica spagnola (il tiki taka), fu lui a sperimentare De Rossi difensore centrale, in una difesa a tre, per impostare il gioco da dietro, mossa tattica poi ripresa anche dalla Juve di Conte, e da tanti altri ancora in Italia, passando dal 4-3-3 al 3-5-2, preferendo un difensore come Bonucci in grado di iniziare la manovra. Di negativo, non lo ha aiutato la sua testardaggine a non cambiare modo di giocare nonostante le difficoltà e del non sapersi adattare pienamente ai giocatori che aveva a disposizione. Sempre difeso dalla società durante la stagione, forse non abbastanza nel momento in cui decise di dare le dimissioni, dove dai giocatori fu visto come un gesto di resa, perché per far partire un progetto innovativo come il suo, probabilmente ci sarebbe voluto almeno un altro anno. Tornato in Spagna, ha allenato il modesto Celta Vigo con buoni risultati, per poi essere "richiamato" a Barcelona, quella che è casa sua, questa volta con il compito di riportare a vincere la prima squadra. I problemi avuti con Messi nei primi messi dell'anno e qualche passo falso di troppo, sembravano dar ragione a tutti quei critici che gli imputavano il fatto di non essere un bravo allenatore, Ma da queste difficoltà ha saputo rimediare, forse grazie anche all'esperienza romana, e a portare il Barcelona sul tetto d'Europa, praticamente vincendo tutto. A Roma c'è chi lo rimpiange perché, nonostante gli errori compiuti, un altro anno con lui si poteva e doveva provare (visto che l'anno successivo poi, la Roma con Zeman fece anche peggio), ma c'è invece chi continua a criticarlo: "è facile vincere quando hai Messi-Suarez-Neymar"..

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