giovedì 10 dicembre 2015

Ennesima frattura in casa Roma, il passaggio agli ottavi avviene tra i fischi dei tifosi.

Di Valerio Colaiocco

11 dicembre 2013, stadio San Paolo, si gioca Napoli-Arsenal. I partenopei battono 2-0 i gunners e raggiungono quota 12 punti nel gruppo F a pari punti proprio con gli inglesi e i tedeschi del Dortmund. Per uno strano scherzo del destino però, nonostante il fantastico risultato raggiunto nel girone considerato da tutti proibitivo, gli azzurri escono dalla Champions League per la differenza reti tra gli applausi del pubblico di casa, che ringrazia i propri beniamini per l'impegno il sacrificio e, soprattutto, per le emozioni regalategli.
Due anni dopo si verifica invece una situazione completamente opposta.
9 dicembre 2015, stadio Olimpico, si gioca Roma-Bate Borisov. Con una vittoria i giallorossi sarebbero promossi di diritto agli ottavi di finale di Champions League, indipendentemente da quanto possa accadere nell'altro match del girone: Bayer Leverkusen-Barcellona. La qualificazione avverrà, ma il modo e l'evolversi della situazione lasciano l'amaro in bocca, nonostante il raggiungimento del primo traguardo stagionale. La Roma scende in campo quasi svogliata, ennesima prestazione grigia di una prima metà di stagione che ha visto più bassi che alti della formazione allenata da Rudi Garcia. Un Rudi Garcia che verso la seconda metà del secondo tempo, decide di affidarsi esclusivamente al lavoro del Barcellona (che per fortuna della Roma inchioda sul pareggio il Leverkusen). L'allenatore francese fa dei cambi quantomai dubbi (Ucan per Iago Falque a 10 minuti dalla fine e sullo 0-0 rimane ancora adesso incomprensibile) e il risultato è una scialbo pareggio senza reti tra la Roma e i bielorussi, che qualifica sì i padroni di casa al passaggio del turno, ma con la miseria di 6 punti e 16 gol subiti (record negativo). Al fine della partita, un mare di fischi sommerge i calciatori giallorossi e lo speaker dell'Olimpico, che invano tenta di accendere l'entusiasmo per l'obiettivo centrato. 

Roma's coach from France <a gi-track='captionPersonalityLinkClicked' href='/galleries/personality/4444731' ng-click='$event.stopPropagation()'>Rudi Garcia</a> arrives for the UEFA Champions League football match AS Roma vs Bate Borisov on December 9, 2015 at the Olympic Stadium in Rome. AFP PHOTO / GABRIEL BOUYS / AFP / GABRIEL BOUYS


Il risultato è l'emersione di una nuova, ennesima spaccatura tra i tifosi e la squadra, il tecnico, la dirigenza e la società. Sebbene Alessandro Florenzi al termine del match dichiari che avrebbe preferito essere fischiato da 70.000 persone (alludendo alle problematiche riguardanti la Curva Sud e l'accesso allo stadio), Wojciech Szczesny è invece convinto che in breve tempo sarà tutto dimenticato. Rudi Garcia parla di un risultato importante raggiunto nonostante "la negatività dell'ambiente", dichiarazioni a cui fanno eco quelle del Presidente Pallotta, il quale, quasi disgustato dalla reazione dei tifosi allo stadio, afferma addirittura che la Roma "meriterebbe un altro pubblico", in quanto a suo avviso, i giocatori stanno lavorando sodo per un percorso di crescita, che viene costantemente sminuito da giornali e radio. 
Ma allora viene da chiedersi: è la Roma che merita un altro pubblico o sono i tifosi che meritano un'altra società, un altro Presidente, un'altra dirigenza, un'altra squadra e un altro tecnico? Sì perché, ok la qualificazione, ok il prestigio del palcoscenico che si andrà ad affrontare, ok i soldi incassati, ma oltre a questo cosa rimane di positivo della serata di ieri? La reazione del pubblico presente allo stadio è sicuramente esagerata e forse non consona al momento vissuto, ma probabilmente la gente romanista è ormai stanca: stanca di parole mai confermate, stanca dell'atteggiamento della squadra, stanca delle dichiarazioni del tecnico (le stesse ormai da un anno a questa parte), stanca di una dirigenza sempre più distante dalla propria tifoseria, che non perde mai occasione per gettare fango sui propri sostenitori.
Oltre il passaggio del turno, di ieri sera non c'è da salvare niente. La Roma passa grazie al pareggio del Barcellona a Leverkusen e deve ringraziare il suo portiere; dei fantomatici "24 tiri in porta" citati da Garcia e Pallotta neanche l'ombra, prestazione a tratti di ridicola in campo, con qualche sterile sortita offensiva, senza uno minimo di gioco organizzato da vera squadra. La Roma ha ormai intrapreso un percorso di involuzione incredibile, schiava delle giocate individuali di Gervinho e Salah, la squadra giallorossa subisce qualsiasi tipo di avversario e non riesce mai ad imporsi in maniera prorompente sull'avversario. Domenica a Napoli c'è la prova del nove, partita spartiacque per il prosieguo del lotta per il vertice in campionato per la Roma e probabilmente per il futuro di Garcia.
Oltre a tutto questo, il solito problema ricorrente: la Roma gioca senza il suo pubblico, quello vero, il suo cuore pulsante. Ed è curioso il fatto che Pallotta, dopo aver additato come "fucking idiots" i tifosi della Curva Sud, oggi si lamenti anche di tutti gli altri rimasti. La frattura c'è ed è pure profonda, la Roma ha adesso bisogno, più che mai, dell'amore della sua gente e della coesione tra tutte le parti in gioco. La situazione in atto è controproducente e arreca soltanto danni alla Roma, incapace ormai di sentirsi forte, perché, sebbene sia approdata agli ottavi finale, sembra che la squadra giallorossa abbia perso anche ieri sera, o meglio sembra che abbia perso definitivamente sè stessa. La Roma deve ritrovarsi e può farlo soltanto attraverso l'impegno e il lavoro, meno chiacchiere da parte dei protagonisti e più fatti; il pubblico è stanco e ieri sera (sebbene con modi discutibili) l'ha dimostrato ancora per l'ennesima volta.

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